Nella
medicina moderna è fondamentale tenere in considerazione il concetto di persona
come unicum perché il malato non è un insieme di organi, ma è un uomo con una
storia, con proprie scelte e priorità, che il medico deve rispettare e aiutare
a mantenere e a sviluppare.
Quando,
però, il concetto di persona come unicum viene travisato, è una vera e propria
violenza fatta all’individuo.
Un
esempio di questo si può riscontrare nella terapia per la riabilitazione delle
persone cerebrolese, promossa dal medico americano Glenn Doman.
Questo
metodo richiede al paziente di concentrarsi in maniera totalizzante sul proprio
limite fisico, eseguendo esercizi molto impegnativi che occupano tutta la
giornata e richiedono un grande sforzo mentale e fisico. Il problema di questa
terapia è innanzitutto la quantità di tempo richiesta, che impedisce di
svolgere altre attività e di avere altre relazioni, quindi di vivere.
La
mentalità che sta dietro a questo metodo rischia di essere pericolosa, perché
vorrebbe annientare i deficit della persona, ma inevitabilmente elimina anche
il suo vissuto, la sua storia di diversità, quindi la sua originalità.
Fermo
restando che la cura del proprio corpo è un dovere e un diritto della persona
con deficit, non deve però diventare un’ossessione.
In
questo caso si può vedere un’analogia con i disturbi alimentari come
l’anoressia, in cui ci si concentra in modo ossessivo sul proprio corpo e sul
rapporto con il cibo e con la bilancia. Il problema fondamentale, in entrambi i
casi, è che si assolutizza una sola dimensione della persona senza tenere conto
dell’unicum.
Il
natale ci ricorda l’incarnazione del Figlio di Dio, il Suo farsi uomo in un
corpo. Questo è la prima fonte della dignità e del rispetto che si deve a ogni corpo
umano.
Il logos,
incarnandosi, ci mostra che il corpo non è una prigione dell’anima, ma è la sua
abitazione, di cui bisogna avere cura.
Buon
Natale a tutti