Una
inquieta speranza
L’esperienza
del comunismo ha influenzato anche il pensiero teologico degli anni’60, come
mostra il dibattito tra il filosofo marxista E.Bloch e il teologo J.Moltmann,
sul significato della speranza nella vita umana.
La
speranza è la ragion d’ essere dell’uomo, come dimostra Moltmann che,
rispondendo alle tesi di Ernst Bloch, arriva a fare un elogio e un’analisi
molto approfondita di questa caratteristica umana.
Secondo
Moltmann l’uomo è uomo in quanto spera, in quanto è l’essere proiettato verso
il futuro, che non si accontenta mai del proprio presente. Moltmann contrappone
il peccato originale, che è peccato d’orgoglio, al peccato contemporaneo che è
la perdita della speranza. Tuttavia si può vedere una relazione di causa-effetto
tra queste due realtà. Infatti quando l’uomo, dopo aver mangiato il frutto
proibito, si scopre nudo prendendo così coscienza della sua creaturalità,
comincia a comportarsi come gli altri animali andando a nascondersi tra gli
alberi e perdendo ciò che lo differenziava da tutte le altre creature, cioè la
speranza.
Moltmann
riconosce a Bloch il merito di avere riportato alla luce il «principio
speranza» come dimensione fondamentale nell’esistere e nell’agire umano, ma lo
critica per non essere stato coerente fino in fondo e per aver creduto che un
certo tipo di società perfettamente pacificata secondo l’ utopia di Marx potesse
rappresentare il fine di ogni speranza.
Quand’anche
l’uomo riuscisse a realizzare tutti i suoi desideri di giustizia e di pace e
costruisse un mondo perfetto, si troverebbe alla fine a fare i conti con la
propria fragilità e con la propria morte che lo costringerebbe a sperare ancora
in una vita eterna.
Fragilità
e speranza sono quindi indissolubilmente collegate nell’inquietudine che le comprende entrambe. “ Per te ci hai creati e il
nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. ( Agostino, Le confessioni 1.1)