Quando una persona vede qualcuno che soffre
nel corpo o in una sua parte, lo
compatisce pensando di essere molto più fortunato. La compassione è una
caratteristica propria dell’essere umano e ha radici molto profonde.
Un esempio del compatire proprio dell’uomo è
offerto nella Divina Commedia, quando Dante incontra, nell’ottavo cerchio, gli
indovini che per contrappasso sono condannati a camminare con la testa o col
busto rivolto all’indietro.
“Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua
lezione, or pensa per te stesso
com'io potea tener lo viso asciutto,
quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che 'l pianto de li occhi
le
natiche bagnava per lo fesso.”
Dante si rivolge al lettore quasi per chiedere
la sua solidarietà, perché non riesce proprio a non commuoversi, è una visione
troppo forte per non piangere.
Egli sa bene che quelli sono peccatori che
meritano la punizione, ne ha già visti altri anche con condanne peggiori,
eppure questa lo colpisce particolarmente: vedere un corpo contorto e in una
posizione innaturale lo sconvolge.
Non è una questione di violenza fisica; ad esempio
la punizione di Farinata, costretto a stare per l’eternità in una bara rovente
(canto X degli eretici), è un supplizio molto peggiore. Eppure Dante con lui
non si commuove anzi arriva addirittura ad uno scontro, mentre la visione dei
corpi degli indovini lo rattrista a tal punto da farlo piangere.
Da un punto di vista razionale, però, questo
pianto non è motivato; infatti sarà Virgilio stesso a rimproverarlo per questa
debolezza.
“Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: «Ancor se' tu de li altri sciocchi?
Qui vive la pietà quand'è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta?”
(19-30, Inferno, canto XX, Divina Commedia)
Dante non mette in dubbio la giustizia di Dio,
ma per lui l’impatto è comunque troppo forte. Si può affermare che per il poeta
la punizione degli indovini rappresenta la distorsione dell’uomo in quanto
immagine di Dio e questa è una visione che lo scuote in profondità suscitando
in lui compassione.
Ciao Stefano, buon anno! I In merito a questo scritto, penso che, chi dice così vedendo persone con disabilità fisica, sia frutto di una certa mentalità odierna impastata di apparenza anziché di sostanza! Un ultima cosa riguarda la compassione parola che non si approfondisce abbastanza! Secondo me il patire con vuol dire essere profondamente insieme nel cammino della vita!
RispondiEliminaCiao Giovanna, io penso che la commiserazione di chi ha un corpo anormale da parte di chi si sente normale sia una reazione naturale come dimostra il testo di Dante. Tocca a noi persone disabili dimostrare che è un pregiudizio facendo vedere che non soffriamo piu degli altri a causa della nostra condizione.Mi è molto piaciuto il tuo commento sulla parola compassione.
RispondiEliminaCiao Stefano, le tue parole mi han ricordato il rapporto con le cicatrici.
RispondiEliminaIo le porto come trofeo del fatto di esser viva ma c'è chi distoglie lo sguardo (docce di piscina o palestra) per spavento o compassione.
Non mi disturba nessuno dei due comportamenti, anzi lo prendo come un segno di riconoscimento: solo chi guarda davvero può coinvolgersi...
ciao
Ciao Lucia,il tuo commento mi ha ricordato le ultime righe del mio libro "La Meraviglia" nelle quali prendendo spunto dalle apparizioni di Cristo risorto avevo scritto: " Non so con che corpo risorgerò, però non mi interessa più risorgere con un corpo perfetto, perché se Cristo è risorto con il corpo martoriato, e questi segni di morte sono stati trasformati in segni di vita, allora può darsi che anche il mio deficit, nella risurrezione, sarà trasformato in un segno di vita". Credo che questo valga non soltanto nella vita futura, ma anche in questa.
RispondiEliminaLa compassione può essere anche una parola composta: Con passione! Una per la vita dell'altro, che ci porta ad aiutarlo perché possa raggiungere una pienezza di vita!
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RispondiEliminaè vero...l'origine della parola è "cum patire" dal latino ed esprime proprio il sentimento di "soffrire con" inteso non nel soffrire di uno stesso male ma soffrire per il fatto che un'altro stia male...
RispondiEliminaIo penso, come ti ho già detto altre volte, che l'immediatezza del male è tanto più evidente sul corpo umano per questo Dante si commuove più davanti ad una pena così "dinamica" corporalmente piuttosto che "statica" come è quella di Farinata.
Vorrei aggiungere una precisazione e una definizione con cui ho inteso prima la parola male perchè so che potrebbe suscitare molte critiche e polemiche. Male è tutto ciò che non è bene e bene è adempiere alla funzione a cui siamo stati chiamati: una forchetta è fatta per inforcare il cibo (bene) ma una forchetta senza denti è male perchè non serve a niente (male), una macchina è fatta x trasportare cose e persone (bene) ma una macchina rotta non serve a niente (male) e ugualmente gli occhi sono fatti per vedere ma se non vedono a cosa servono?....e le gambe non sono fatte per camminare?...e camminare in un certo modo?...anche l'handicap è male (e qui mi sa che suscito un vespaio) perchè è la dimostrazione di un corpo umano che non riesce ad essere fatto per quello che era stato pensato....è la croce!!!...e la croce non è mai bella!!!Bello è l'opera misericordiosa di Dio che riesce a tirare fuori da cose malate e senza senso una nuova funzione...per affermare la sua onnipotenza e che nulla e nessuno sono persi. Tutti abbiamo croci grandi o piccole alle quali siamo inchiodati e che ci rendono in tutto o in parte senza senso (male) ma la croce portata nel fisico è quella che fa più impressione di tutte appunto per la sua concretezza e l'immediatezza con cui riusciamo a coglierne il male.
Ciao Giuseppe, sono d'accordo con te quando scrivi "Bello è l'opera misericordiosa di Dio che riesce a tirare fuori da cose malate e senza senso una nuova funzione", secondo me l'importante è imparare a vedere le cose dal Suo punto di vista e non limitarsi a un punto di vista parziale come quello umano. L'uomo non può essere misurato per come "funziona" o per quello che riesce a produrre.
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