Il libro
di Silvia Bonino Mille fili mi legano qui. Vivere la malattia. (editrice
Laterza Bari 2006) presenta alcune osservazioni interessanti.
L’autrice
afferma :
In
ogni caso nella malattia come in ogni altra attività umana, cognizione ed
emozione, pensiero e affetti, corpo e mente sono inscindibilmente coinvolti, ed
è solo per chiarezza di analisi che essi vengono distinti. [...]
Per
gli stretti rapporti esistenti tra psiche e corpo, un più elevato adattamento
psicologico comporterà anche un migliore adattamento sul piano fisico. In altri
termini, chi non rinuncia a vivere e a crescere nonostante la malattia, ha
anche maggiori probabilità di stare meglio fisicamente.
Questo
non significa che sia sufficiente la forza di volontà per guarire dalla
malattia, alla base di questa concezione vi sarebbe un concetto di unità
psicosomatica sbagliata: mente e corpo si influenzano a vicenda, ma non si può
parlare di un’unità in senso deterministico.
La malattia cronica deve essere curata tenendo conto dell’unità
psico-fisica e anche dell’obbiettivo che il paziente ha nella sua vita. Per
esempio io faccio logopedia per parlare meglio, per poter dettare ai miei
collaboratori, mentre muovere una gamba a me serve meno, perché non è
l’obbiettivo della mia vita, mentre potrebbe esserlo per un altro.