mercoledì 17 dicembre 2014

Memoria di accoglienza

L’accoglienza è come l’amore, noi amiamo perché siamo stati amati, così accogliamo nella misura in cui siamo stati accolti.
A me l’accoglienza fa pensare a una prima fase in cui una persona viene fatta entrare in un mondo di relazioni vitali, che può essere una famiglia o un gruppo di amici. Così io sono stato accolto prima di tutto dai miei genitori che invece di mettermi in un istituto o di entrare in una ricerca ansiosa di terapie miracolose, mi hanno accettato così com’ero, e mi hanno aiutato credendo nelle mie possibilità, o come si dice oggi nelle mie "diversabilità". Poi sono stato accolto dai maestri e dai bidelli della scuola speciale che c’era allora, negli anni Sessanta. La chiamo accoglienza perché sono state queste le persone che mi hanno fatto entrare nella vita, nella società.
I maestri erano bravissimi, ma ricordo anche i bidelli perché uno era straordinariamente bravo a imboccarmi e a darmi da bere, cosa non facile. Così, a scuola mi sono sentito accolto interamente, anche a livello corporeo.
Chi vuol essere accogliente dovrebbe fare memoria di tutte le volte in cui è stato accolto nel modo in cui ne aveva bisogno o che desiderava. Ma questo dovrebbero farlo tutti, perché la vita comincia veramente sempre e soltanto con l’accoglienza. Non c’è nessuno così “handicappato” da non poter accogliere qualcuno ogni tanto, o almeno da non poter attivare qualcuno all’accoglienza. E non c’è nessuno così “normodotato” da non aver mai bisogno di essere accolto.
Essere accolti e imparare ad accogliere è la risorsa che permette di prendersi cura della vita.

Auguri di Buon Natale!!! 

Lettera di una piaga

Oggi, 17 dicembre, è il compleanno di Papa Francesco, pubblico qui una lettera che gli ho inviato commentando una sua affermazione sulla disabilità.

Bologna, 15 ottobre 2013

Carissimo Santo Padre Francesco,

sono Stefano Toschi, 54 anni, ho la tetraparesi spastica e sono laureato in Filosofia; da più di trent’anni mi dedico meglio che posso all’annuncio della Buona Notizia.
Ho partecipato a molti convegni, anche all’Ufficio catechistico della Cei per la pastorale dei disabili, e ascoltando il Suo discorso ad Assisi il 4 ottobre mi ha colpito l’espressione “piaghe del corpo di Cristo”, riferita a persone disabili. In un primo momento non mi sono tanto riconosciuto in quella espressione, perché... non mi sento una piaga! Nella mia vita ho avuto tante grazie: una famiglia che mi ha aiutato, amici che mi fanno compagnia, e ho avuto la possibilità di fare un cammino di fede in cui hanno molta importanza gli Esercizi di sant’Ignazio. Lo stesso sant’Ignazio è stato un esempio di come si possa trovare Dio proprio in una condizione di infermità. Questa per me è stata una buona notizia che mi ha spinto a impegnarmi nella comunicazione della gioia e della pace di Gesù.
Io credo fermamente nella risurrezione dei corpi; quando ero giovane mi immaginavo di risorgere con il mio corpo risanato, ma poi, meditando sulla risurrezione di Cristo, che avviene con il corpo piagato (almeno le mani, i piedi e il costato), ho compreso che nella risurrezione anche il mio deficit potrà essere trasformato da segno di morte in segno di vita. In questo senso accetto volentieri di essere una piaga per sempre!
RingraziandoLa Le assicuro le mie preghiere e il mio profondo affetto


Stefano Toschi

mercoledì 3 dicembre 2014

Invictus


Invincibile
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.

Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.

Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.


(William Ernest Henley)

Un anno fa, il 5 dicembre, moriva Nelson Mandela.
Nonostante Madiba abbia vissuto trent’anni di carcere per la sua opposizione al sistema dell’apartheid, una volta uscito di prigione ha cercato la riconciliazione ed è riuscito a convincere un intero popolo a non vendicarsi. Le parole di Nelson Mandela assumevano autorità dalla sua stessa persona, non predicava cose che non aveva vissuto.
Nel film Invictus, diretto da Clint Eastwood, è particolarmente evidente questa invincibilità di Mandela. Quando il capitano della squadra di rugby degli Springboks si reca a visitare la cella dove il presidente era stato rinchiuso, si chiede come fosse riuscito a non serbare rancore verso gli afrikaners. Mandela è l’ “invincibile” di cui parla la poesia di W. E. Henley che lui stesso amava recitare, infatti non ha lasciato che l’odio gli trasformasse il cuore. Questo atteggiamento mi ricorda la frase di San Paolo nella lettera ai Romani ( Rm 12, 21): “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”e questo è proprio quello che Nelson Mandela è riuscito a compiere.