mercoledì 1 aprile 2015

Fragilità e resurrezione

Si deve tenere conto della fragilità dell’esperienza umana, infatti essa ha un limite ontologico: la morte e tutte le malattie che non possono essere guarite. Ad esempio le malattie croniche  possono essere curate, ma non estirpate. La malattia cronica può essere considerata simile alla morte, perché con essa si entra in un’altra vita completamente diversa e non si può tornare indietro. Anche in questa esperienza può esservi dunque la possibilità di risorgere.
La malattia si può vivere bene o male, come una condanna, una disgrazia, oppure si può accettarla fino ad arrivare alla scoperta che proprio in quella condizione  si può trovare un punto di vista privilegiato. Tutti questi modi di vedere la malattia  non si escludono a vicenda, ma possono convivere o succedersi l’uno all’altro e proprio in questa alternanza di sentimenti può manifestarsi una resurrezione, un passaggio dalle tenebre alla luce, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. Per chi vive la malattia, la resurrezione non è quindi uno stato raggiunto, ma è piuttosto un lavoro continuo su sé stessi, che non avviene automaticamente. E’ un dono che deve essere coltivato con pazienza nel tempo.


Buona Pasqua a tutti!

3 commenti:

  1. "un lavoro continuo su se stessi". Sono molto d'accordo nella mia esperienza di malattia, forse mi stupisce in questo commento che molto lavoro metti in capo a persona invece che alla divinità. E proprio in questo esprimo nuovamente la mia consonanza di pensiero. La divinità, per chi ha il privilegio del dialogo, non ci vuole pigri.
    Buona Pasqua!

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  2. "un lavoro continuo su se stessi". Sono molto d'accordo nella mia esperienza di malattia, forse mi stupisce in questo commento che molto lavoro metti in capo a persona invece che alla divinità. E proprio in questo esprimo nuovamente la mia consonanza di pensiero. La divinità, per chi ha il privilegio del dialogo, non ci vuole pigri.
    Buona Pasqua!

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  3. Ciao Lucia, sono d' accordo con te anche se io non credo in una divinità astratta, ma, in un Dio che si è incarnato e che ha voluto farsi mio amico. I doni che lui ci fa, possono essere coltivati e custoditi proprio perché sono regali di un amico con la "A" maiuscola.

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