Si deve tenere conto della fragilità dell’esperienza
umana, infatti essa ha un limite ontologico: la morte e tutte le malattie che
non possono essere guarite. Ad esempio le malattie croniche possono essere curate, ma non estirpate. La
malattia cronica può essere considerata simile alla morte, perché con essa si
entra in un’altra vita completamente diversa e non si può tornare indietro.
Anche in questa esperienza può esservi dunque la possibilità di risorgere.
La malattia si può vivere bene o male, come una condanna,
una disgrazia, oppure si può accettarla fino ad arrivare alla scoperta che
proprio in quella condizione si può
trovare un punto di vista privilegiato. Tutti questi modi di vedere la
malattia non si escludono a vicenda, ma
possono convivere o succedersi l’uno all’altro e proprio in questa alternanza
di sentimenti può manifestarsi una resurrezione, un passaggio dalle tenebre
alla luce, dalla tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. Per chi vive la
malattia, la resurrezione non è quindi uno stato raggiunto, ma è piuttosto un
lavoro continuo su sé stessi, che non avviene automaticamente. E’ un dono che
deve essere coltivato con pazienza nel tempo.
Buona Pasqua a tutti!
"un lavoro continuo su se stessi". Sono molto d'accordo nella mia esperienza di malattia, forse mi stupisce in questo commento che molto lavoro metti in capo a persona invece che alla divinità. E proprio in questo esprimo nuovamente la mia consonanza di pensiero. La divinità, per chi ha il privilegio del dialogo, non ci vuole pigri.
RispondiEliminaBuona Pasqua!
"un lavoro continuo su se stessi". Sono molto d'accordo nella mia esperienza di malattia, forse mi stupisce in questo commento che molto lavoro metti in capo a persona invece che alla divinità. E proprio in questo esprimo nuovamente la mia consonanza di pensiero. La divinità, per chi ha il privilegio del dialogo, non ci vuole pigri.
RispondiEliminaBuona Pasqua!
Ciao Lucia, sono d' accordo con te anche se io non credo in una divinità astratta, ma, in un Dio che si è incarnato e che ha voluto farsi mio amico. I doni che lui ci fa, possono essere coltivati e custoditi proprio perché sono regali di un amico con la "A" maiuscola.
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