Io non
sono handicappato perché non cammino, ma perché, non camminando, non posso fare
tante cose e debbo chiedere aiuto agli altri.Questo può essere un handicap,
cioè uno svantaggio nei confronti degli altri, ma anche un vantaggio in quanto
può creare delle relazioni che possono trasformarsi da semplice aiuto a
rapporti di amicizia.
C’è a questo punto da fare una distinzione tra
handicap e disabilità. Quest’ultima è causata dal deficit e dalla malattia, è
per esempio la mia tetraparesispastica
che mi impedisce di camminare. L’handicap invece è una questione sociale in
quanto, come diceva Aristotele,l’uomo è un essere in relazione con gli altri,
cioè è uno zoon politikon, quindi è la società a definire che cosa è handicap e
chi sono gli handicappati.
E’
quindi per questo che il confine tra i due concetti non è così netto, anche se
l’handicap si può ridurre con adeguate misure. Ma se è vero che la disabilità è
una delle cause dell’handicap, però è anche vero che quest’ultimo può aggravare
la condizione di disabilità.
Un
esempio di questo è quando un disabile non può uscire di casa a causa delle
barriere architettoniche o per altri motivi; questa persona perde l’abitudine
alla relazione e alla fine anche la sua capacità di linguaggio viene
compromessa. Se infatti non si parla mai, si perde la capacità fisica di
parlare,perché, come qualsiasi funzione del corpo o della mente, ovviamente ha
bisogno di esercizi
La disabilità rimane, ma si realizza solo abbattendo ciò che la società ti pone come limite architettonico e mentale. Ma i protagonisti di questo cambiamento sono i disabili stessi; è per questo che la disabilità può diventare una buona guida dì autentiche relazioni.
RispondiEliminaCiao Giovanna,certamente le persone disabili devono essere protagoniste del superamento dei diversi handicap ma lo possono essere solo in comunione con gli altri. La distinzione tra persone "normali" e disabili è superficiale, perché in profondità siamo tutti disabili o diversamente-abili.
EliminaIn un periodo di malattia grave ho sperimentato, credo per grazia, il chiedere aiuto e le relazioni come occasione di forza interiore: chiedere lasciando all'altro la libertà di rispondere negativamente e non perdendo la determinazione di chiedere ancora.
RispondiEliminaOggi vedo mio padre, nel post operatorio difficile e doloroso di un intervento ortopedico dibattersi nella paura: prima dell'intervento di rimanere in carrozzina, ora di rimanere storpio e dipendente per sempre dall'assistenza infermieristica. Chiuso nel suo malessere quando non chiede sprofonda nell'angoscia, la non relazione porta a tanta fatica...
Ciao Lucia, hai ragione è una grazia saper chiedere senza arrabbiarsi, ma credo che nel caso di tuo padre conti anche l' età. Io stesso mi sto accorgendo che invecchiando ho sempre più difficoltà ad accettare gli errori anche non voluti dei miei operatori e dei miei amici.
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