In “Essere
e tempo” Heidegger evidenzia come i concetti di “paura” e “angoscia” vengano
spesso confusi. La prima ha un oggetto che la scatena e la suscita (“il davanti
a che”) e questo è sempre qualcosa di determinato, come ad esempio il dolore
fisico o ciò che lo provoca.
L’angoscia,
invece, è generata da qualcosa di indeterminato, dal semplice sentirsi come
gettati nel mondo senza un perché, non potendo controllare il proprio destino.
Il
“davanti a che” dell’angoscia è quindi il fatto di non essere padrone della
propria vita, esattamente quello che mostra la persona con deficit ricordando
all’uomo il proprio limite, la propria finitudine.
L’angoscia
scatenata dalla presenza di una persona con disabilità dimostra l’inutilità del
prendersi cura, cioè di ogni tentativo umano di controllo assoluto del mondo
esterno. Secondo la mentalità comune le persone con disabilità non possono avere
il controllo del proprio mondo, ma sono esse stesse oggetti di controllo e di
cura da parte degli altri. Questo è un pregiudizio di chi non vive nella condizione
di disabilità e non l’ha conosciuta direttamente, ma soltanto per sentito dire.
Per avere il controllo del tuo mondo, devi essere libero interiormente. Spesso le persone pensano che la disabilità, precluda la capacità e la libertà di essere se stessi fino in fondo; quindi scatta quella forma di protezione che ti impedisce di esprimerti totalmente.
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