Nella
comunicazione con i disabili spesso le regole normali vengono violate, cioè c’è
una infantilizzazione della persona disabile che viene trattata spesso come un bambino:
alle persone disabili si dà del tu e le si chiama per nome anche quando non le
si conosce, quando invece alle persone normali si dà del Lei.
Per dare
il giusto rilievo a tutte queste differenze ci vorrebbe una buona conoscenza
delle modalità di comunicazione, che variano a seconda delle diverse persone
che abbiamo di fronte.
Nella
società di oggi, così multiculturale, sarebbe necessaria una scienza per una
comunicazione differenziata, che potesse parlare a ogni singolo individuo.
Una
scienza che debba tener conto di differenze quali l’età, il sesso, la nazionalità
e/o l’etnia, la lingua, la cultura, la religione o il livello economico;
teoricamente già considerate e superate nella Dichiarazione dei diritti umani,
approvata dall’Onu nel 1945.
Esseri inferiori; dobbiamo ancora chiederci su cosa si basa il valore di un essere umano.
RispondiEliminaCiao Giovanna. Per me il valore dell'uomo sta semplicemente nel sou esistere. non bisogna cercare altri fondamenti alla dignità umana.
EliminaPerfettamente d'accordo.
EliminaComunicazione differenziata?? Certe cose devono venire spontaneamente: per saper trattare, saper considerare Dio ci ha dotato di "discernimento" per sapere che non si considera inferiore nessuno...poi vedi c'e' chi ha 2 lauree come te e certi cosidetti "normali"come li chiami tu ,cugino mio,anche se ne avessero una a mala pena facilmente potrebbero non essere sensibili e intelligenti ugualmente!!!Quindi stai sereno poi a me piace parlare con te ciao caro!
RispondiEliminaCiao Stefano, concordo con la riflessione. L'infantilizazione la percepisco parte di una forma di "compassione" o pietistica accettazione non interessata al dialogo ma a definire l'altro. Mi ricorda l'approccio coloniale del "buon selavaggio" quasi non riconoscendo la reale natura umana e divina dell'uomo o della donna che si ha di fronte.
RispondiEliminaUn abbraccio
Lucia
Ciao Stefano, concordo con la riflessione. L'infantilizazione la percepisco parte di una forma di "compassione" o pietistica accettazione non interessata al dialogo ma a definire l'altro. Mi ricorda l'approccio coloniale del "buon selavaggio" quasi non riconoscendo la reale natura umana e divina dell'uomo o della donna che si ha di fronte.
RispondiEliminaUn abbraccio
Lucia